Oggi siamo abituati a vederla così luccicante, lussuosa e adorabilmente pacchiana. Ma fino agli anni ’40 del secolo scorso Las Vegas non esisteva, se non per qualche insediamento in mezzo al deserto e delle specie di case da gioco più simili a saloon che ai moderni casinò. Poi arrivò Bugsy Siegel, un gangster spietato ma anche capace di intuizioni geniali. Come appunto quella di Las Vegas, sua creatura che non ebbe neanche il tempo di godersi…
La storia di Benjamin “Bugsy” Siegel è simile a quella di tanti altri gangster d’oltreoceano. Figlio di immigrati, famiglia povera e numerosa, cattive compagnie che poi si tramutano in business criminale. I genitori erano ebrei originari della Podolia, regione russa oggi appartenente all’Ucraina. Secondo di 5 figli, e con i genitori che faticavano a racimolare il denaro necessario al sostentamento della famiglia, Benjamin trascorre anni difficili e matura presto l’obiettivo di raggiungere il benessere economico. Ci riuscirà presto, ma per vie totalmente illegali. Fin da ragazzino si unisce a una baby gang del Lower East Side di Manhattan, composto più che altro da ragazzi di origine ebrea come lui. I primi soldi arrivano col racket, esattamente si vede in celebri film come “C’era una volta in America”. Bugsy, insieme ai suoi giovanissimi sodali, estorce denaro ai venditori ambulanti in cambio di “protezione”.
La carriera criminale di Siegel è una rapida escalation. Con l’amico Moe Sedway viene introdotto al boss Meyer Lanksy, legato a quello che passerà alla storia come “National Crime Syndicate”, ovvero il “sindacato nazionale del crimine” nato da sodalizio tra criminalità organizzata siciliana ed ebraica. A poco più di 20 anni Bugsy è già benestante, ha un appartamento tutto suo ma anche un discreto curriculum criminale, avendo a suo carico già accuse di stupro, rapina a mano armata e omicidio. Le connessioni pesanti con boss come Lucky Luciano e Frank Costello fanno crescere ulteriormente il peso di Siegel, che con la sua organizzazione chiamata dalla stampa “Murder Inc” (più o meno “anonima omicidi”) imperversa in tutta la costa est con omicidi a pagamento e altri crimini efferati.
Verso la metà degli anni ’30, viene deciso che gli interessi del gruppo criminale vanno estesi alla costa ovest. Di questa missione viene incaricato appunto Bugsy, che vola in California.
Elegante almeno quanto era spietato, Bugsy trova in California una sorta di Eldorado. Oltre ad avviare i business criminali del gruppo, si inserisce nel mondo delle star di Hollywood, diventando amico e “protettore” di attori famosi tra cui James Stewart e Cary Grant. Un’attrice, Virginia Hill, lo ammalia al punto da indurlo a lasciare la famiglia e andare a vivere con lei. Questo episodio, apparentemente rientrante nel mero gossip, avrà un peso rilevante sul futuro di Bugsy Siegel. Sua moglie Esta, amore d’infanzia che gli aveva dato due figlie, era a sua volta sorella di un mafioso. Questa fuga consolida la sua fama di “pazzo” presso le famiglie criminali, nomea che peraltro si portava dietro fin dall’infanzia. Bugsy significa infatti “cimice” e Benjamin veniva chiamato così per i suoi frequenti e repentini sbalzi d’umore.
Verso la fine degli anni ’30 ecco l’intuizione che cambia la vita di Las Vegas, e anche la sua. Bugsy Siegel pensa a un’oasi di lusso in mezzo al deserto e avvia il progetto per costruire il Flamingo, un complesso che comprende resort, casinò, campi da golf e persino palme importate dall’Asia. Il nome Flamingo è dovuto proprio a Virginia, soprannominata così da Bugsy per le sue gambe lunghe e sottili come quelle di un fenicottero (appunto “flamingo”, in inglese).
Il progetto viene finanziato ovviamente dal denaro del sodalizio criminale del National Crime Syndicate, il cui fastidio però cresce di pari passo con i costi del progetto stesso: da un milione di dollari si arriva fino a 6 milioni! Inoltre ci si mette di mezzo anche la sfortuna.
La sera dell’inaugurazione del Flamingo (il 26 dicembre 1946) un tremendo acquazzone costringe all’assenza diverse star di Hollywood, che rimangono bloccate a Los Angeles. Inoltre le forti piogge evidenziano i difetti in alcuni lavori, l’aria condizionata non funzionava a dovere e alcuni pavimenti spandevano. Ad ogni modo, quel giorno nacque ufficialmente la Strip, la celebre via dei casinò di Las Vegas che oggi ed è meta di milioni di visitatori ogni anno.
Oltre ai danni strutturali, nelle sole prime due settimane di vita il casinò del Flamingo va in perdita per quasi mezzo milione di dollari. Questo manda su tutte le furie Bugsy che, complice l’inaugurazione andata così così, decide di chiudere il Flamingo per un mese, per lavori di adeguamento. La decisione si rivela corretta e infatti, dopo la riapertura, nel giro di poco tempo il Flamingo inizia a sfornare guadagni. Questo però non basta a placare l’ira delle famiglie criminali, irritate dall’impennata dei costi a cui erano state costrette.
Il 20 giugno del 1947 Bugsy Siegel è appena rientrato in elicottero da Las Vegas a Beverly Hills, soddisfatto dai primi grossi guadagni che il suo progetto stava macinando. Tuttavia, mentre era intento a leggere il Los Angeles Times sul divano della sua lussuosa villa, Bugsy viene raggiunto da una raffica di colpi di fucile, che infrangono il vetro della finestra e lo uccidono all’istante. Incredibilmente, ancora oggi si tratta di un delitto che non ha un colpevole né moventi certi, anche perché non erano certo poche le persone a volerlo vedere morto. Può darsi che sia stata la “mala” per fargli pagare i suoi colpi di testa e l’escalation dei costi, oppure qualche parente della moglie abbandonata, o persino la stessa Virginia.
Ad ogni modo, già pochi mesi dopo la morte di Bugsy, il Flamingo iniziò a fruttare alle famiglie milioni di dollari ogni mese. Da lì ebbe tutto inizio. Dalla genio criminale di Bugsy Siegel, in un modo o nell’altro, sarebbe nata la moderna Las Vegas.