Negli Stati Uniti d’America, dove il wrestling va per la maggiore, le catchphrase sono molto di moda. “You’re fired!” non è esattamente un motto allegro, visto che è un’esclamazione che afferma il licenziamento, ma se è questa la catchphrase di Donald John Trump, o solamente Donald Trump… chi siamo noi per giudicare?
Quarto di cinque figli della coppia Frederick Christ Trump e Mary MacLeod, Donald Trump è senza dubbio quello che ha avuto più successo, moltiplicando esponenzialmente lo spirito imprenditoriale tramandatogli dal padre, immobiliarista di discreto successo, ma nulla di paragonabile all’attuale 45° presidente degli Stati Uniti d’America.
Non si può raccontare la storia di Donald Trump senza tirare in ballo il gioco, o meglio i casinò, cioè il business a cui si riconduce immediatamente il ciuffo più famoso d’oltreoceano.
Dopo aver mosso i primi passi nel settore immobiliare grazie all’aiuto del padre, negli anni ottanta Donald Trump investì massicciamente nel settore dei casinò, concentrandosi in particolar modo su Atlantic City.
Nel 1984, il primo elemento del suo “trittico” fu l’Harrah’s at Trump Plaza, rinominato poi semplicemente Trump Plaza, a cui seguì il Trump’s Castle Casino Resort l’anno dopo e il famosissimo Trump Taj Mahal nel 1990, casinò che in quel momento diventò la più grande sala da gioco al mondo.
Fu il momento di massimo splendore dell’impero di Donald Trump nel gioco, tanto che in quel periodo l’imprenditore acquistò persino:
Quando l’economia americana entrò in recessione, nel 1990, molti degli affari di Donald Trump nel gioco, casinò compresi, andarono in crisi. Ben presto, Trump si ritrovò in difficoltà a pagare i suoi debiti di circa 5 miliardi di dollari, 900 milioni dei quali garantiti da lui stesso in persona.
L’imprenditore fu così costretto a vendere la sua Trump Shuttle, acquistata da US Airways nel 1992, e a vendere il suo Trump Princess. Nonostante una profonda ristrutturazione del debito, il Trump Taj Mahal dichiarò bancarotta nel 1991, mentre gli altri due casinò, e il Plaza Hotel di New York, fecero lo stesso l’anno dopo. Secondo un’inchiesta della CNN, nel 1996 la società di Donald Trump aveva contratto debiti per 1,7 miliardi di dollari.
In realtà, Donald Trump ha sempre difeso il suoi casinò, affermando come le voci sulle difficoltà e i crack economici fossero soltanto, per l’appunto, voci. In un tweet pubblicato sul suo account, nel 2014, l’imprenditore dichiarò di non essere mai fallito e di aver guadagnato dall’industria del gioco di Atlantic City “più di 10 miliardi di dollari”.
La situazione migliorò sul finire del decennio, con il rimbalzo dell’economia americana e soprattutto la decisione della Deutsche Bank tedesca di stabilire la sua presenza nel mercato immobiliare made in USA. La Deustche Bank estese centinaia di milioni di dollari di crediti nei confronti di Trump. Quel denaro fu utilizzato per alcuni progetti come la Trump World Tower di New York e la Trump International Hotel and Tower di Chicago.
Nel nuovo millennio, al Donald Trump imprenditore si affiancò il Donald Trump politico. Nel 2016 la grande occasione: vinse le primarie repubblicane e si candidò alle presidenziali dello stesso anno, quando sbaragliando i pronostici superò la candidata democratica Hillary Clinton diventando il nuovo capo di Stato, dopo Barack Obama.