Ci sono personaggi che sono riusciti a vivere la propria vita come se fosse un romanzo, senza pianificare nulla, semplicemente vivendo al massimo il presente e senza alcuna cura per il futuro. Nick Dandolos fa parte di questo ristretto club, per avere scritto – vivendole in prima persona – pagine indelebili nella storia del gioco d’azzardo del XX secolo. Raccontare la storia di “The Greek” significa ricalcare momenti importanti nella storia del gambling e di Las Vegas. Ma prima, occorre fare un passo indietro.
Dandolos nasce nel 1883 sull’isola di Creta, da una famiglia facoltosa. Studia al prestigioso Greek Evangelical College, da cui usciranno altri personaggi eminenti come Aristotele Onassis.
Raggiunta la maggiore età, viene mandato negli USA. Lì, per via delle sue origini, diverrà presto noto come “The Greek”. Già allora la passione per il gioco lo animava e aveva anche un discreto capitale da utilizzare, visti i tempi. Il nonno gli mandava infatti una “paghetta” di 150 dollari a settimana.
Considerando che si parla del 1901, a occhio e croce si tratta di più di 4500 dollari a settimana. Il giovane Nick si stabilisce a Chicago, ma le sue gite in Canada sono frequenti. Cosa ci andava a fare? A giocare ai cavalli, naturalmente.
Il nickname “The Greek” inizia a girare per le clamorose imprese e le fragorose cadute che lo vedono protagonista. Si narra che in una delle sue famose trasferte in Canada abbia avesse vinto 500mila dollari ai cavalli. Tuttavia, una volta tornato a Chicago, quella cifra andò in fumo in pochissimi giorni, persa tra dadi e carte.
The Greek giocava pressoché a qualsiasi gioco, ma aveva una particolare predilezione per il poker. Non tanto per il talento, quanto per la passione che lo animava e che permise di dare vita a partite entrate nel mito. Rimasta famosissima quella con Johnny Moss, all’epoca probabilmente il miglior giocatore al mondo e che non a caso sarebbe diventato il primo campione mondiale della disciplina.
Per comprendere quale richiamo potessero avere sfide di questo genere, pensate che Benny Binion (storica figura della Las Vegas degli anni d’oro) la organizzò come pura e semplice attrazione e la cosa funzionò, perché in quei 6 mesi il Flamingo era quasi stracolmo.
“Ma come, 6 mesi per una partita?” chiederete voi. Ebbene sì, perché quella tra Moss e Dandolos fu una vera e propria maratona, durata dal gennaio a giugno del 1949. Una maratona non proprio salutare per Nick Dandolos, bisogna dirlo. Moss era chiaramente più forte e, in un arco di tempo così ampio, il greco non aveva scampo. Infatti, narra la leggenda che la partita finì con la celebre frase “Mr Moss, I have to let you go” (qualcosa come “Signor Moss, temo di doverla salutare”). Era il segnale della resa, ma soprattutto che Nick Dandolos non avesse più un dollaro con sé. Nessuno ha mai fornito dati certi sul bilancio del match, ma si dice che The Greek abbia perso tra i due e i 4 milioni di dollari. Sempre per darvi un’idea, 4 milioni del 1949 equivalevano a circa 43 milioni di dollari attuali.
Se quella contro Moss fu una disfatta epica, non sarebbe comunque stata l’unica partita memorabile nella carriera di Nick Dandolos. In un’altra occasione, The Greek sfidò il gambler californiano Ray Ryan, imprenditore con interessi nel ramo petrolifero e in quello immobiliare. Giocarono per un giorno intero, alternando Lowball e Gin Rummy, e Dandolos perse anche in quell’occasione, circa 550mila dollari. Stavolta, però, la sconfitta non era dovuta alla superiorità del suo avversario, ma a una truffa organizzata dall’avversario. Ryan indossava infatti una sorta di auricolare, collegato con un complice che era collocato dall’altra parte della sala, in alto, dietro al greco e con un binocolo puntato sulle sue carte.
Dopo aver capito l’inganno, Nick Dandolos non la prese certo bene e contattò addirittura esponenti di spicco della mafia di Chicago, per cercare di indurre Ryan a restituire il maltolto. Tra minacce e un tentativo di rapimento, Ryan riuscì a farla franca e Dandolos venne arrestato insieme ai due gangster che avevano organizzato il tentativo di sequestro. “The Greek” uscì presto di prigione, avendo accettato di collaborare con le indagini, ma per lui la parabola discendente era iniziata.
Si dice che abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita a Gardena, in California, a giocare partite da 5$ a Limit Draw Poker. Era quello che si poteva permettere, dopo avere vinto, perso, rivinto e riperso decine di volte autentici capitali. Si calcola che Nick Dandolos abbia vinto e perso qualcosa come 500 milioni di dollari, e lui stesso raccontava di essere rimasto al verde più di 73 volte, riuscendo tuttavia quasi sempre a risalire per tornare ai suoi livelli.
La sua vita avventurosa e spericolata si concluse il giorno di Natale del 1966, quando Nick Dandolos aveva 84 anni. Il suo truffatore Ray Ryan riuscì invece a vivere 11 anni in più, prima di morire vittima di una bomba piazzata nella sua auto da uno dei gangster che, parecchi anni prima, era finito in galera tentando di rapirlo affinché restituisse i soldi truffati a “The Greek”.
Nick Dandolos ha giocato, vinto e (soprattutto) perso in molti giochi da casinò, ma affrontava tutto con estrema consapevolezza. Rimase nella storia una sua frase, in cui ammoniva: “Ricordate, non è il banco che batte il giocatore: gli dà l’opportunità di battersi da solo”.