In ogni sport esiste un’icona, una leggenda, una stella che abbia contribuito a far diventare famosa quella disciplina.
Pensiamo al basket: chi meglio di Micheal Jordan può essere un degno rappresentante “storico” di tale sport? Oppure al tennis, dove Roger Federer continua a riscrivere i record. Nel calcio la scelta è un pizzico più articolata, tra i vari Pelè, Maradona, Baggio, Messi e Ronaldo… ma il concetto è chiaro.
Nei giochi di carte, più specificatamente nelle varianti del ramino e del poker, vi è indiscutibilmente un nome che spicca: è quello del grande Stuart Errol Ungar, comunemente conosciuto come Stu Ungar, ovvero il più grande giocatore di ogni tempo.
Famiglia ebrea newyorkese quella di Stu, cresciuto negli anni Sessanta nel Lower East Side, dove il padre gestiva un bar sulla Second Avenue, in cui faceva anche l’allibratore.
Ungar, fin dall’età di sette anni, dimostra una naturale quanto sensazionale predisposizione per le carte. Un predestinato, “condannato” ad essere un numero uno.
Dotato di un quoziente intellettivo di un genio (venne paragonato a quello di Galileo Galilei), si fece subito un nome nel gioco del Gin Rummy, (una variante del ramino) dove vince ogni tipo di torneo che venga organizzato. Il primo alloro arrivò addirittura a dieci anni, presso il Catskill Mountain Resort, dove era in vacanza con i suoi genitori, dopo di che iniziò a frequentare le bische e i club di New York, sbaragliando in poco tempo la concorrenza.
A 14 anni era considerato il migliore giocatore in circolazione a New York e per la sua tenera età, era noto nell’ambiente come “The Kid“: ormai era quello che batteva regolarmente tutti i giocatori più forti della Grande Mela.
Troppo facile per lui, considerato tanto spocchioso e arrogante quanto fenomeno assoluto. Nessuno osava più sedersi al tavolo di gioco per sfidarlo.
Pertanto, la scena di Gin Rummy di New York diventò noiosa per lui e si è trasferì a Las Vegas in cerca di aria fresca e volti nuovi. La sua fama e popolarità crebbero ancora di più nella più grande mecca di gioco d’azzardo del mondo in quel momento e si fece un nome ancora più velocemente, dopo aver sconfitto alcuni dei giocatori più rispettati di gin rummy al mondo.
Si racconta che Stu Ungar accettasse di partire con degli handicap pur di poter giocare e nonostante questo fosse in grado di vincere con una facilità disarmante.
La logica conseguenza di una superiorità così schiacciante fu l’abbandono del gin rummy, dove di fatto non aveva più alcun avversario disposto a confrontarsi.
Ungar pertanto fu costretto a ripiegare sul poker e si iscrisse alle World Series of Poker 1980. Vinse il Main Event sconfiggendo la leggenda Doyle Brunson, diventando all’epoca il più giovane campione del mondo nella storia, a ventisette anni.
L’anno successivo trionfò nuovamente, battendo Perry Green nell’heads up finale.
Questo fantastico bis di successi, già di per sé pressoché inarrivabile, si arricchirà di un terzo alloro nel 1997, quando Stu divenne poi campione del mondo per la terza volta (dopo numerosi piazzamenti negli anni antecedenti).
Il tavolo finale del 1997 (presente su youtube) fu uno dei più “dominati” di sempre: Ungar, con uno stile iper-aggressivo che sarebbe divenuto di moda quasi trent’anni dopo, iniziò il final table con un vantaggio consistente di chips.
Nel momento della bolla nessuno dei 6 giocatori voleva essere eliminato e Stu Ungar fu incredibilmente abile ad approfittarne. Rilanciò per molte mani di seguito e nessuno osò vedere. Tutti erano impauriti tranne Ungar, le cui chips aumentavano esponenzialmente. Fu forse la finale più squilibrata che le WSOP possano ricordare. Nel 1997 Stu Ungar aveva 47 anni, non era più “Il Ragazzino” e alle spalle aveva una vita travagliatissima.
Analogamente a molte altre persone di grande intelligenza e abilità nei loro campi, anche Ungar infatti aveva i suoi demoni personali da affrontare, infatti fu sempre dipendente da cocaina e alcol, senza contare la gestione sregolata del gioco d’azzardo.
A quest’ultimo proposito, sono numerose le testimonianze di aneddoti più o meno clamorosi: se da un lato la sua straordinaria memoria gli consentiva di contare le carte al blackjack (guadagnandosi contestualmente l’espulsione da molti casinò), dall’altro perdeva milioni in dadi e scommesse sportive, prima di riuscire a riguadagnare qualcosa col poker.
Forse un esempio sintomatico di quanto egli fu letteralmente genio e sregolatezza si è visto nel 1990, quando al termine del day 2 Ungar era ampiamente chip leader e la strada verso un piazzamento prestigioso, se non la vittoria, pareva spianata. Tuttavia, quella notte la passò tra pastiglie e cocaina e non tornò ai tavoli, dove però l’ampio vantaggio costruito nei primi due giorni gli permise di arrivare, senza giocare, ad un clamoroso nono posto finale.
Ungar è stato trovato morto in una stanza d’albergo a basso costo a Las Vegas il 22 novembre 1998. In seguito, i medici legali hanno concluso che la sua morte è stata causata da una malattia cardiaca, derivante da anni di abuso di droghe.
In carriera, solo ai tavoli da poker, aveva vinto oltre 3 milioni di dollari nei tornei.
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