Usare la matematica nel poker - -
Usare la matematica nel poker

Il poker è un gioco bellissimo che richiede doti molto diverse tra loro per vincere: ci vuole una certa psicologia al tavolo, unita a pazienza, resistenza e soprattutto… matematica!

Alla base di tutti i ragionamenti di ogni pokerista ci devono essere sempre, in effetti, delle nozioni matematiche. Qual è la probabilità di ricevere una coppia servita nel Texas Hold’em? Quante volte chiuderemo un progetto di scala bilaterale? Quanto bisogna puntare in un determinato piatto per tagliare le odds al nostro avversario?

Queste sono sono alcune domande che esemplificano quanto è importante la matematica (spesso intesa come calcolo delle probabilità) nel poker. Cerchiamo allora di entrare più nello specifico, analizzando dove e quando la materia va utilizzata nel gioco.

La matematica delle mani di partenza

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Le cosiddette “starting hands” nel poker sono la base per ogni appassionato. È importantissimo partire dal cosiddetto preflop nello studio del gioco. Pertanto bisogna sapere con quali mani entrare in gioco e ogni quanto possiamo aspettarci di ricevere una buona mano. Più precisamente, ogni giocatore dovrebbe sapere per esempio ogni quante mani mediamente ci verrà servito un Asso oppure una coppia.

I calcoli non sono troppo difficili. Facciamone alcuni insieme. Riceveremo una coppia una volta ogni 17 mani in media, quindi nel 6% dei casi. Riceveremo invece una coppia specifica (per esempio la migliore, A-A) una volta su 221: 0,45%. Supponendo di giocare una trentina di mani all’ora, preparatevi a ricevere verosimilmente A-A solo dopo sette ore!

Fondamentale da sapere per non lamentarsi poi a sproposito di “non aver visto carte”. I bravi giocatori conoscono i giusti range e sanno quando fare azione, magari aggredendo un tavolo troppo passivo.

La matematica negli showdown

Quando due (o più!) giocatori scommettono tutte le loro chips in uno showdown e il dealer deve ancora girare le carte del board, si vivono dei momenti davvero emozionanti. Ma siete sicuri di sapere quali sono le percentuali di vittorie delle varie mani preflop? Anche qui parliamo di ovvietà per i giocatori più navigati.

Con A-A mediamente vinceremo l’80% delle volte contro un solo avversario con una mano random. La percentuale diminuisce, ovviamente, contro più avversari, poiché gli scoppi diventano più probabili.

Una coppia che incrocia due carte più alte (per esempio 7-7 contro A-K) ha circa il 50% di probabilità di spuntarla. In questo caso si parla di “coin flip”, ovvero di un fantomatico lancio di una monetina.

In mezzo ai due casi citati ci possono essere molte altre combinazioni. Ci sono colpi in cui partiremo al 70% e altri all’80%. L’importante è rendersi conto delle possibilità reali che abbiamo di vincere, senza lasciarsi influenzare troppo dalle emozioni vissute in colpi passati o dalle sensazioni del momento.

Il calcolo degli outs e delle odds

Torna ancora utile il calcolo della probabilità quando siamo coinvolti nelle mani e dobbiamo districarci tra le puntate avversarie o gli eventuali progetti offerti dal board. I progetti di scala e di colore sono i più famosi. In quelle situazioni dobbiamo, prima di tutto, capire quante carte nel mazzo possono farci chiudere il nostro bel punto.

Con 4/5 di colore al flop, per esempio, abbiamo in teoria 9 carte utili che speriamo di vedere nelle streets successive. Traducendo questo dato in percentuale, con un banale trucchetto, raddoppiamo il numero 9 per due volte per ogni street mancante. Al flop avremo dunque il 36% circa di probabilità di chiudere la nostra scala; al turn il 18% circa. Con 4/5 di scala bilaterale al flop, i nostri “outs” diminuiscono a 8. Avremo quindi il 32% al flop e il 16% al turn, più o meno.

Tutto ciò a cosa ci serve? A capire quanto ci conviene, matematicamente, chiamare una determinata puntata in una di quelle situazioni. Guardandola dal lato opposto, dobbiamo anche sapere quanto puntare con il punto già chiuso per non regalare carte agli altri giocatori su board pericolosi. Il discorso poi si complica se tiriamo in ballo anche le “implied odds” o la possibilità di trasformare il nostro progetto in bluff.

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Concludiamo la nostra carrellata con un concetto pokeristico preso in prestito dalla matematica, generando spesso confusione. Tutti sanno che esiste la “varianza” nel gioco ma pochi hanno capito davvero che cos’è. Per molti giocatori, infatti, la varianza è semplicemente la “sfortuna”.

Il termine “varianza” venne introdotto nel 1918 da Ronald Fisher e sostituì nel tempo la denominazione di “deviazione standard quadratica” utilizzata da Karl Pearson. Parliamo di una variabile statistica o aleatoria che fornisce una misura della variabilità dei valori assunti dalla variabile stessa; nello specifico, la misura di quanto essi si discostino quadraticamente rispettivamente dalla media aritmetica o dal valore atteso.

Tradotto in parole povere, la varianza ci dice con quale probabilità noi possiamo aspettare di vincere una certa somma nel poker. I tornei, come è risaputo, soffrono di una varianza maggiore rispetto al cash game. Lo stesso si può dire dei tornei “Turbo” rispetto a quelli più tecnici.

 

 

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