Secondo i suoi appassionati sostenitori, il poker non è soltanto un gioco di carte ma quasi un modo per imparare la vita, per imparare a fare le scelte giuste anche in diverse situazioni del mondo reale. Questo è ciò che si ritiene oggi, ma rimane un argomento da approfondire: come ha fatto un gioco, nato più o meno nel XIX secolo e diffuso per lunghissimi anni in una sostanziale situazione di clandestinità, a diventare un fenomeno sociale, di costume e – in senso lato – di cultura, ma soprattutto a larghissima e legale diffusione? Le risposte le dobbiamo cercare nelle “milestones, in alcune pietre miliari della storia del poker. Eventi che hanno inciso in maniera decisiva sul corso della storia e che ci hanno portato a parlare in assoluta libertà di poker online e di campionati mondiali della disciplina.
Cinque brevi video o spezzoni di video, cinque momenti che hanno contribuito a scrivere (e riscrivere) il percorso che ha determinato il ruolo del poker nel mondo contemporaneo.
Cosa sarebbe stato del poker se Doyle Brunson non si fosse rotto la gamba? Nessuno può saperlo, ma l’ipotesi più probabile è che Doyle sarebbe diventato un giocatore professionista nella NBA, magari vincendo anche qualche titolo. Forse avrebbe comunque coltivato un gioco che conosceva già in giovane età, ma non ci si sarebbe potuto dedicare anima e corpo come fece in realtà, dando origine alla leggenda vivente di Texas Dolly.
Quella di Brunson è una leggenda che va oltre i 10 braccialetti da campione del mondo vinti, va oltre i titoli e persino oltre i soldi vinti. Va oltre perché, per l’immaginario collettivo, Doyle è riuscito a diventare un testimonial legittimo di un mondo a lungo ritenuto losco. Uno che si guadagna da vivere giocando a poker senza nascondersi, essendo personaggio a tutto tondo e rispondendo delle proprie azioni. Un ruolo, quello di Brunson, che nemmeno Stu Ungar avrebbe potuto ricoprire. Per chi non lo conoscesse, Ungar è stato probabilmente il più grande talento che il poker abbia mai espresso, che ha vinto moltissimo ma che aveva anche problemi personali molto gravi, che lo hanno portato a una triste e prematura morte. Ungar era il lampo accecante, Brunson invece ha rappresentato la solidità, la prima figura di professionista del poker, serio, affidabile e vincente.
In questo senso il percorso di Dario Sammartino è molto diverso ma ha dei punti in comune: il campione napoletano è cresciuto in un periodo in cui il poker era già attività legittimata e praticabile alla luce del sole, ma la sua figura rappresenta una sorta di “optimum” che questo mondo possa oggi esprimere: bella presenza, talento governato da una bella disciplina e anche una spiccata sensibilità per chi sta peggio. Se oggi dovessimo immaginare chi potrebbe essere il “Doyle Brunson” per il futuro mondo del poker, Dario sarebbe tra i candidati più credibili.
Se abbiamo inserito “Rounders” tra i 10 film più importanti sul gioco d’azzardo, una ragione ci sarà. Anzi, se quella classifica avesse avuto solo 3 o 5 posti disponibili, il film di John Dahl sarebbe stato comunque presente. Poche pellicole hanno inciso nell’immaginario collettivo al pari di questa, per un film di cui si è spesso parlato di possibili sequel. La verità, però, è che ci sono opere che sono felici sintesi di intuizioni e situazioni di un momento. Provare a ripeterle sarebbe del tutto inutile, quando non dannoso.
“Con quel cognome…” fu il commento nettamente più pronunciato, quando Chris Moneymaker vinse il Main Event delle World Series Of Poker nel 2003. E in effetti vedere uno il cui cognome significa letteralmente “FACCIO I SOLDI” vincere 2,5 milioni di dollari al più importante torneo di poker al mondo, ha per forza un effetto dirompente. Se poi si lega tutto questo al fatto che Chris non aveva mai giocato live in vita sua prima, e soprattutto al fatto di essersi qualificato online spendendo meno dell’1% rispetto ai 10.000$ di buy-in previsti in quel torneo, allora si comprende meglio ciò che è arrivato dopo.
Nel 2004 il World Series Of Poker Main Event di Las Vegas passò dagli 839 partecipanti dell’anno prima a 2576, l’anno dopo ancora a 5619 per poi sfiorare i 9000 nel 2006 e non scendere mai più sotto i 6000 fino al giorno d’oggi. Il motivo di questa crescita esponenziale? Il numero sempre crescente di giocatori provenienti dalle qualificazioni online, tutta gente che aveva provato a imitare Chris Moneymaker. Di fatto in quella data si è soliti far nascere il boom del poker online moderno, proprio per lo straordinario traino che la vittoria di questo giocatore rappresentò per l’intero mercato.
Qui si inserisce un altro elemento squisitamente italiano. Fino al 2008 il poker online era in una situazione ibrida, che spesso e volentieri vedeva gli operatori provenire da paesi cosiddetti “off shore”. Ma nel 2008 l’Italia fu il primo paese occidentale a proporre un regime concessorio che di fatto legalizzava la pratica del poker online all’interno del nostro territorio. E Gioco Digitale fu il primo operatore a muoversi e inaugurare le prime partite online legali in Italia. Da allora molti altri paesi hanno guardato con interesse all’esperienza italiana, provando a imitare o comunque a trarre ispirazione dal nostro modello. E ancora oggi, a oltre 12 anni di distanza, per Gioco Digitale questo è un primato di cui andare estremamente orgogliosi.